Il Castello dei Fieschi di Montoggio
La prima notizia relativa al castello risale al 1157 ed è contenuta in una Bolla papale di Adriano IV nella quale venivano confermati al Vescovo di Tortona alcuni beni tra i quali il “Castrum Montem Obblum”. Fu, per breve tempo, proprietà dei Malaspina e dei Doria, passò nelle mani dei Fieschi probabilmente tra la fine del XIII e la metà del XIV secolo.
Nel Quattrocento fu coinvolto, come molti altri fortilizi della famiglia, nelle lotte tra Genova ed il Ducato di Milano e occupato, per breve tempo, dalle truppe milanesi.
Montoggio rappresentò per i Fieschi, insieme ai territori dell’oltregiogo, una risorsa di uomini fidati e un sicuro rifugio nelle situazioni politiche avverse.
Nell’anno 1547, il Castello fu il teatro dell’ultimo tragico atto della famiglia Fieschi.
Dopo la morte di Gianluigi Fieschi e il conseguente fallimento della congiura, il fratello Gerolamo fuggì da Genova e si rifugiò insieme ai suoi uomini all’interno delle mura del Castello di Montoggio. L’11 Marzo del 1547 il Governo genovese iniziò l’assedio dopo il rifiuto di Gerolamo di arrendersi e di consegnare il castello in cambio di 50 000 scudi.
L’architetto militare milanese Giovanni Maria Olgiati, incaricato dal governo genovese, posizionò le artiglierie il località Costa Rotta sopra Granara e in seguito anche in località Olmeto. L’assedio durò circa tre mesi durante i quali furono esplosi più di 12 000 colpi d’arma da fuoco che però non riuscirono a fare danni di rilievo alla struttura. L’11 giugno del 1547 alcuni mercenari, ormai stremati dal lungo assedio e avviliti dalla mancanza delle paghe, fecero entrare nel Castello un gruppo di soldati genovesi che costrinse Gerolamo alla resa. Quest’ultimo il 12 luglio dopo un sommario processo fu decapitato, insieme ai suoi uomini più fidati, presso la Cappella di San Rocco.
Nel settembre del 1547 il Castello, su ordine del Senato genovese, venne minato e fatto esplodere, ma lo spessore delle mura era tale che impegnò gli artificieri altri due anni per poter rendere la struttura inutilizzabile.
Dell’imponente Castello oggi non sono rimasti che semplici ruderi del corpo centrale e di un torrione laterale.
Al fondo della piazza d’armi, ma separato da un fossato, si ergeva la cosiddetta “cittadella”. Era questa, la parte principale del castello e probabilmente la più antica, articolata su più piani, aveva una pianta quadrata di circa 30 metri per lato ed era rinforzata agli angoli da quattro torrioni. Al centro si trovava una quinta torre a pianta circolare a due piani, conosciuta con il nome di “torre de mezo”, ospitava due ampie stanze per piano.
Attraverso un’attenta lettura dei documenti cinquecenteschi d’archivio è stato possibile comprendere l’articolarsi degli spazi interni del castello: ai piani inferiori vi erano le cucine e gli ambienti di servizio, mentre a quelli superiori gli ambienti riservati alla vita privata della famiglia del signore e di rappresentanza. Le sue stanze erano dotate di ricchi mobili e arredi che lo rendevano una splendida dimora signorile.
Le operazioni di restauro hanno avuto l’obiettivo di creare un parco archeologico per rendere fruibile al pubblico le rovine del castello e le aree circostanti. Sono state consolidate le strutture murarie e migliorato l’accesso al sito con il riassetto della strada e la dotazione di attrezzature e arredi necessari per consentire ai visitatori la percorribilità e la sosta in tutta sicurezza.
Nel Quattrocento fu coinvolto, come molti altri fortilizi della famiglia, nelle lotte tra Genova ed il Ducato di Milano e occupato, per breve tempo, dalle truppe milanesi.
Montoggio rappresentò per i Fieschi, insieme ai territori dell’oltregiogo, una risorsa di uomini fidati e un sicuro rifugio nelle situazioni politiche avverse.
Nell’anno 1547, il Castello fu il teatro dell’ultimo tragico atto della famiglia Fieschi.
Dopo la morte di Gianluigi Fieschi e il conseguente fallimento della congiura, il fratello Gerolamo fuggì da Genova e si rifugiò insieme ai suoi uomini all’interno delle mura del Castello di Montoggio. L’11 Marzo del 1547 il Governo genovese iniziò l’assedio dopo il rifiuto di Gerolamo di arrendersi e di consegnare il castello in cambio di 50 000 scudi.
L’architetto militare milanese Giovanni Maria Olgiati, incaricato dal governo genovese, posizionò le artiglierie il località Costa Rotta sopra Granara e in seguito anche in località Olmeto. L’assedio durò circa tre mesi durante i quali furono esplosi più di 12 000 colpi d’arma da fuoco che però non riuscirono a fare danni di rilievo alla struttura. L’11 giugno del 1547 alcuni mercenari, ormai stremati dal lungo assedio e avviliti dalla mancanza delle paghe, fecero entrare nel Castello un gruppo di soldati genovesi che costrinse Gerolamo alla resa. Quest’ultimo il 12 luglio dopo un sommario processo fu decapitato, insieme ai suoi uomini più fidati, presso la Cappella di San Rocco.
Nel settembre del 1547 il Castello, su ordine del Senato genovese, venne minato e fatto esplodere, ma lo spessore delle mura era tale che impegnò gli artificieri altri due anni per poter rendere la struttura inutilizzabile.
Dell’imponente Castello oggi non sono rimasti che semplici ruderi del corpo centrale e di un torrione laterale.
Al fondo della piazza d’armi, ma separato da un fossato, si ergeva la cosiddetta “cittadella”. Era questa, la parte principale del castello e probabilmente la più antica, articolata su più piani, aveva una pianta quadrata di circa 30 metri per lato ed era rinforzata agli angoli da quattro torrioni. Al centro si trovava una quinta torre a pianta circolare a due piani, conosciuta con il nome di “torre de mezo”, ospitava due ampie stanze per piano.
Attraverso un’attenta lettura dei documenti cinquecenteschi d’archivio è stato possibile comprendere l’articolarsi degli spazi interni del castello: ai piani inferiori vi erano le cucine e gli ambienti di servizio, mentre a quelli superiori gli ambienti riservati alla vita privata della famiglia del signore e di rappresentanza. Le sue stanze erano dotate di ricchi mobili e arredi che lo rendevano una splendida dimora signorile.
Le operazioni di restauro hanno avuto l’obiettivo di creare un parco archeologico per rendere fruibile al pubblico le rovine del castello e le aree circostanti. Sono state consolidate le strutture murarie e migliorato l’accesso al sito con il riassetto della strada e la dotazione di attrezzature e arredi necessari per consentire ai visitatori la percorribilità e la sosta in tutta sicurezza.
Ritratto di Gianluigi Fieschi autore della fallita Congiura
Pianta del Castello di Montoggio. Il corpo quadrato di circa 30 metri per lato, chiamato la “cittadella”, al piano terra vi erano le stalle, le cantine, le dispense e le cucine, mentre ai piani superiori la parte residenziale
1 - FORTILIZIO INDIPENDENTE
2 - LA PIAZZA D’ARMI
3 - QUATTRO TORRI ANGOLARI
4 - “TORRE DE MEZO”
2 - LA PIAZZA D’ARMI
3 - QUATTRO TORRI ANGOLARI
4 - “TORRE DE MEZO”
5 - PORZIONE DI LATO A NORD
6 - PUNTO PANORAMICO
7 - LE BOCCHE DA FUOCO
8 - IL FOSSATO
6 - PUNTO PANORAMICO
7 - LE BOCCHE DA FUOCO
8 - IL FOSSATO